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La mia prima esperienza in hotel dopo il lockdown

Gita in una Milano rallentata

Ebbene sì, la mia prima vera uscita ufficiale dopo tre mesi di quarantena è stata nientemeno che a Milano! Con autocertificazione di spostamento “per comprovate necessità lavorative” e convocazione ufficiale da parte della Rai, visto che sono partita il 31 maggio, quando lo spostamento fra regioni è ancora vietatissimo, per andare negli studi Rai ospite per una settimana intera della trasmissione Detto Fatto della quale sono Tutor ufficiale da qualche anno.

Parto con mascherina, guanti, igienizzante per le mani e disinfettante spray, soprattutto per il timore di viaggiare in treno, dove di solito transita moltissima gente e i sedili sono rivestiti nel classico tessuto attira-batteri.

Parto da Cesena con la famiglia che mi saluta sul binario, come se ci fosse la possibilità di non tornare sana e salva e come primo treno prendo un regionale: pulitissimo e davvero con poca gente in giro. Cambio a Bologna. In stazione avrò visto passare una ventina di persone, non di più e il ritardo di 25 minuti del Frecciarossa è una consuetudine che mi fa sentire quasi rassicurata!

Salgo sul Frecciarossa. Intorno a me nessuno. Siamo più o meno 5 persone per vagone. Sedili in ecopelle pulibilissimi con il mio disinfettante spray e un panno di carta. Mi consegnano un kit di benvenuto contenente: mascherina, bustina igienizzante per le mani, guanti in lattice, poggiatesta in TNT adesivo usa e getta, una lattina di acqua naturale, tovagliolo e bicchiere di carta, tutto sigillato singolarmente. Ottima impressione Trenitalia! Ti perdono anche il ritardo. Il controllore non passa e nessuno gira per i corridoi.

Arrivata a Milano l’impatto è forte. In Stazione Centrale è tutto chiuso: bar, negozi, qualsiasi attività. Perfino i colossi come Zara e Mac Cosmetics. Mi viene da pensare che la situazione qui sia ancora molto seria! Si scende dal treno e tramite percorsi obbligati e a senso unico, si attraversa la stazione fantasma per arrivare fuori, ai taxi. Gruppi di militari fanno controlli random sui motivi dello spostamento dei viaggiatori. Inizio a sentire un brivido. Vedere la Stazione Centrale di Milano deserta è impressionante e surreale. In quel momento mi guardo intorno e penso “ma dovevo proprio venirci?”.

Che io mi trovi a Milano, a Bologna, a Torino o a Catania, cambia poco: sistemata sul mio taxi inizio a pensare all’hotel. Un po’ mi vergogno ma mi sento a disagio pensando di entrare in lenzuola che non sono quelle incontaminate di casa mia, luogo che mi ha protetta e coccolata per tre mesi interi 24 ore al giorno. Arrivo all’hotel, è un bellissimo 4 stelle in centro (evviva la Rai!).

 

Entro alla reception, è tutto essenziale e pulitissimo. Una bella ragazza gentile e sorridente (sì, il sorriso si vede anche sotto la mascherina) mi accoglie dietro alla barriera di plexiglass che quasi non si nota tanto è pulita e trasparente. Dispenser di gel igienizzante all’ingresso, alla reception, all’ascensore e qua e là nei corridoi dell’hotel. Tutto fila liscio. Mi comunica che la colazione si fa solo in camera, probabilmente hanno temporaneamente chiuso le aree comuni.

Finalmente arrivo nella mia camera. Per precauzione spruzzo il mio disinfettante spray ovunque: sanitari, maniglie, interruttori, comodini, telefono, rubinetti, superfici e asciugo tutto con un panno di carta. Infilo il cuscino del letto nella federa pulita che ho portato da casa, sostituisco gli asciugamani dell’hotel con i miei che ho in valigia e chiedo alla gentile ragazza della reception di non farmi rassettare la camera. Rimarrò qui 4 notti e posso rifarmi il letto da sola, inoltre quando faccio la doccia sembra che non abbia nemmeno aperto l’acqua (se ci fosse stato anche il mio compagno questa scelta non sarebbe stata possibile!).

Sono esagerata? Può darsi, ma dopo 3 mesi in casa ho un po’ di “sindrome della capanna” e mi sento a disagio a dormire da un’altra parte. Inoltre qui a Milano c’è un clima che comunica tensione: in Rai tutti gli autori lavorano da casa (non c’è nessuno ad aiutarmi con il copione!), gli accompagnatori non sono ammessi, il trucco e parrucco è chiuso (questo è un vero problema…), il bar idem e la sartoria pure! Praticamente sono in studio quasi da sola. Aver preso tutte queste precauzioni in l’hotel mi fa sentire più tranquilla, poi sicuramente la prossima volta che verrò nella city i pensieri e le tensioni saranno svanite, ma per ora è tutto strano.

A questo punto mi siedo sul letto della mia camera e inizio a guardarmi intorno… cosa è cambiato in camera? Nulla. C’è solo un vademecum che mi indica cosa fare.

Ok io lo faccio, ma tu, hotel, cosa fai per me ospite? Hai sanificato? Hai disinfettato? Hai cambiato l’aria in camera lasciando le finestre aperte? La camera è pulitissima ma non viene comunicato nulla all’ospite che in questo particolare momento, a mio avviso, ha bisogno di essere un po’ rassicurato.

Nelle camere degli hotel, che frequento spesso per lavoro, già prima non appoggiavo nulla sui divanetti in tessuto attira-acaro che spesso sono presenti nelle camere di alberghi sia basici che di alto livello. Questi tessuti saranno stati puliti? Disinfettati? Li avranno almeno passati con un battitappeto?

In bagno ci sono i normali asciugamani: mi chiedo perché le parrucchiere siano obbligate ad utilizzare asciugamani in tessuto-non-tessuto usa e getta e gli hotel no. Gli hotel hanno i normali asciugamani in spugna. Quindi, se dalle parrucchiere sono vietati, possono essere un potenziale pericolo? E perché in hotel invece ci sono? Perché nessuno me lo spiega anche solo con una nota appesa al muro, che elenchi le accortezze che hanno avuto nel preparare la camera prima del mio arrivo? Eppure sono in un bellissimo e curatissimo hotel a 4 stelle. Possibile che chi si occupa della gestione e soprattutto della comunicazione non ci abbia pensato?

La prima cosa che dicono tutti è di arieggiare gli ambienti aprendo le finestre, ma le finestre della mia camera sono bloccate, non hanno la maniglia, si aprono con un paspartout che probabilmente hanno solo le signore delle pulizie. E l’impianto di aria condizionata sempre acceso? Non è anche lui un potenziale pericolo? Si tratta di ricircolo dell’aria? I filtri sono stati sanificati alla riapertura dopo il lockdown?

Non se ne sa nulla.

Alla fine mi cade l’occhio sul telecomando, da sempre un ricettacolo di qualsiasi cosa. Per dormire tranquilla lo pulisco con il disinfettante e lo chiudo in un sacchetto di plastica trasparente così posso utilizzarlo senza entrare in contatto diretto con i tasti.

In questo periodo c’è molta incertezza e un po’ di paura. Le persone hanno bisogno di essere rassicurate o almeno hanno bisogno di avere chiara la situazione. Basterebbe poco. Una mail all’arrivo i hotel:

“Gentile ospite, benvenuto nel nostro hotel. Prima del suo arrivo la sua camera è stata sanificata con un trattamento specifico all’ozono, il nostro personale ha disinfettato con un prodotto a base di alcool i sanitari, le maniglie, gli interruttori della sua camera. Per il suo comfort abbiamo scelto di mantenere i nostri morbidi asciugamani in spugna ma li abbiamo sanificati con un lavaggio specifico al vapore a 100 gradi, così come la biancheria del letto, i tendaggi, le sedute imbottite presenti nella sua camera e la testata del letto. Il telecomando è stato avvolto nella pellicola trasparente monouso prima del suo arrivo. Ora può rilassarsi e godersi il suo soggiorno senza pensieri. Abbiamo fatto tutto il possibile per salvaguardare la sua sicurezza. Siamo a sua disposizione per rendere il suo soggiorno sempre più piacevole”.
Amen! Io lo farei!

Probabilmente molte di queste cose sono state davvero eseguite per obblighi di legge oppure per  l’accortezza del titolare dell’hotel, ma in qualche modo devono essere comunicate agli ospiti per metterli in tranquillità.

Voi cosa ne pensate?

Commenti

  • Mi trovi con te cara Mirna. La riflessione che faccio con la tua lettura è che il mondo imprenditoriale italiano (non tutto…certamente, ma in larga parte che sia Lombardo o Romagnolo) tendenzialmente “dimendica” di narrare il proprio lavoro. Sono/siamo allenati a fare… a fare bene e in modo scrupoloso, ma ci dimentichiamo di comunicare quel che facciamo nel nostro ritmo quotidiano. Basta poco in realtà per comunicare sicurezza e accoglienza ma è un’arte che dobbiamo imparare. È la traduzione valoriale del “prendersi cura” che va affinata. Grazie Mirna la tua condivisione è un’utile riflessione 😘

    • mirna

      Comunicare quelo che si fa. Proprio come fai tu nel mondo dell’artigianato. È fondamentale. Nel caso dell’igiene degli hotel in periodo post covid poi (anche se ancora non è ancora “post”) la comunicazione diventa indispensabile.

  • Alessandra

    Ciao Mirna, il tuo articolo rende pienamente anche il mio desiderio di rassicurazione in un momento di questo tipo. Io che sono amante dei viaggi, come tutti credo, adoro sapere che al comfort e alla sicurezza del mio soggiorno ci ha pensato la struttura che ho accuratamente scelto e a cui ho affidato il mio viaggio. Hai ragione riguardo i tessuti delle strutture ricettive…già prima trasmettevano un chiaro senso di incertezza circa una loro pulizia accurata, adesso più che mai. Tessuti facilmente lavabili e materiali altrettanto facilmente trattabili dovrebbero essere al centro di un rinnovamento dell’hospitality delle nostre strutture ricettive. Quel senso di pulito che forse ad oggi solo in qualche struttura dell’Alto Adige ho provato, restando in Italia. Materiali “moderni” nel pieno rispetto del mood della struttura…ecco, sarebbe un grande passo avanti per il nostro turismo. Potrebbe essere una delle piccole “lezioni” che ci portiamo a casa per migliorare il lifestyle qui in Italia…a partire dal turismo.
    Grazie di aver condiviso la tua esperienza. Mi sono identificata in ogni tua singola riflessione e domanda (soprattutto, poi, mi sono immaginata lì a spruzzare igienizzante spray e imbustare il telecomando insieme a te!) :))

    • mirna

      Ottime riflessioni Alessandra, soprattutto tu che sei neo-mamma immagino quanto sarai attenta a certi dettagli nel tuo prossimo viaggio… Per invogliare le persone a riprendere a viaggiare, a spostarsi, a condividere, a fidarsi, bisogna farle sentire al sicuro.

  • Chiara Lenzi

    Hai perfettamente ragione Mirna…abbiamo bisogno di essere rassicurati…io faccio ancora fatica all’idea di entrare in un locale pubblico e rilassarmi…a maggior ragione immagino la tensione nel dormire fuori casa.
    Hai trasmesso alla perfezione il tuo stato d’animo…

    • mirna

      Cara Chiara, fra qualche mese in tanti, immergendosi di nuovo nella loro vita frenetica, dimenticheranno completamente questa storia, ma qualcun altro no. Qualcun altro ne sarà rimasto segnato e modificherà forse le sue abitudini o suo modo di vedere le cose.
      Probabilmente dopo questa “esperienza sanitaria” ci saranno da rivedere alcuni dettagli nelle strutture ricettive e non solo. In particolare penso al rivestimento di poltrone, divani e testate dei letti. Normalmente, al di là dell’emergenza sanitaria, ogni quanto vengono puliti? E le coperte di scorta che stanno nell’armadio vengono portate in lavanderia a ogni cambio di ospite? Probabilmente in molti posti no. Nella stanza dove sono adesso ad esempio non c’è un sostegno per appoggiare la valigia, quindi immagino che tutti, per non rompersi la schiena tenendola a terra, appoggino la valigia sul divanetto in tessuto, ma le ruote di quella valigia hanno strisciato nei corridori del treno, per strada, nelle stazioni e negli aeroporti… Quanta roba viene depositata su quel divanetto? Non voglio pensarci… Forse nelle camere di hotel è il momento di iniziare ad utilizzare materiali facilmente trattabili che diano l’idea di pulito e che, si auspica, siano veramente ben puliti ad ogni cambio di ospite.

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